L’ULTIMA ANTENNA DELLA SIRIO/INAF PER IL RADIOTELESCOPIO: L’ANTENNA SKALA 4.1

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Progetto per costruire la selva d’antenne di Ska

A partire dal 2025, 131269 antenne osserveranno il cielo e andranno a costituire il più grande radiotelescopio al mondo: le 131072 antenne a bassa frequenza (da 50 a 350 MHz) che verranno installate in Australia saranno logperiodiche, mentre le 197 a frequenza più alta (0,35 – 15,35 GHz) verranno installate in Sudafrica e saranno parabole. Così è stato stabilito dalla System Critical Design Review conclusasi lo scorso aprile, una tappa importante che ha congelato la fase di progettazione e avviato quella di implementazione. E Inaf è pronto con il prototipo dell’antenna Skala 4.1 Al, scelta come modello di riferimento per le oltre 130mila antenne Ska a bassa frequenza

  

Le antenne Skala4.1al all’Osservatorio Radioastronomico di Murchison, nel deserto australiano. Crediti: Icrar

A partire dal 2025, 131269 antenne osserveranno il cielo, spazzando la banda radio per fare breccia di scoperte in diversi settori dell’astronomia. Per la precisione, ben 131072 antenne logperiodiche (simili a quelle televisive) in Australia lavoreranno nelle onde radio di bassa frequenza (da 50 a 350 MHz) e, in tandem, 197 parabole in Sudafrica lavoreranno alle frequenze radio più alte (0.35 – 15.35 GHz).

Sono le antenne dello Square Kilometre Array (Ska), il progetto internazionale volto a costruire – in due fasi e in due continenti – il più grande radiotelescopio del mondo, per un costo complessivo di 1.87 miliardi di euro nella prima fase di dieci anni del progetto (Cost Audit di Ska fase 1). Questo è quanto stabilito definitivamente dalla System Critical Design Review (Cdr) conclusasi lo scorso aprile, una tappa importante che ha congelato la fase di progettazione e lanciato il progetto in quella d’implementazione.

Abbiamo parlato più volte del grande coinvolgimento italiano e delle sue molteplici soddisfazioni; in primis, per quanto riguarda la parte australiana della scelta, avvenuta nella Cdr tenutasi a dicembre 2019, di un gioiello tecnologico made in Italy come modello di riferimento per le oltre 130mila antenne Ska a bassa frequenza: l’antenna Skala 4.1 Al. Una scelta che ha premiato il lavoro del team italiano avviato a metà 2017 nella progettazione di questa antenna e che di recente ha accresciuto la sua autorevolezza, anche scientifica, diventando oggetto di una pubblicazione sulla prestigiosa rivista peer-reviewed IEEE Open Journal of Antennas and Propagation. La lista dei co-autori mostra come questo sia frutto di un lavoro corale italiano, svolto da tanti ricercatori Inaf e collaboratori italiani di altri enti di ricerca e industrie.

Ma come siamo arrivati all’attuale modello Skala 4.1 Al?

L’antenna Skala 4.1 Al nella camera anecoica al Laboratorio Universitario di Compatibilità Elettromagnetica, a Ferrara. Crediti: Inaf

L’antenna Skala 4.1 Al è l’ultimo prototipo – ideato e realizzato da Inaf in collaborazione con il Cnr-Ieiit e l’azienda italiana Sirio Antenne – a partire da precedenti generazioni di antenne Skala progettate dal Consorzio “Aperture Array Design and Construction” sotto la guida dell’Università di Cambridge.

Skala 4.1 Al – larga 1.6 metri per 2 metri di altezza – ha una simpatica forma ad albero di Natale, data dall’incrocio a 90 gradi di due antenne logperiodiche identiche, in modo da ricevere due polarizzazioni, ed è caratterizza dall’ampia banda di ricezione – da 50 a 350 MHz – che nessuno degli attuali radiotelescopi a bassa frequenza è in grado di raggiungere.

Apparentemente semplice nella sua struttura, dietro questa antenna ci sono anni e anni di progettazione che, fin dall’inizio, è stata impegnativa, dovendo soddisfare le esigenti prestazioni osservative di Ska a bassa frequenza, che comprendono anche il dover sopportare le dure condizioni ambientali del deserto australiano in cui l’antenna avrebbe dovuto operare. In particolare, l’ultima versione 4.1 contiene alcuni accorgimenti italiani che la differenziano da quella inglese, e che sono stati pensati per migliorarne le prestazioni, la struttura meccanica e la trasportabilità. Per esempio, la scelta dell’alluminio come materiale costituente al posto del ferro che, pur garantendo la stessa solidità, è più economico e leggero, facilitando quindi le fasi di trasporto e di installazione e permettendo di limitare i costi di spedizione. Tra le caratteristiche più rilevanti della versione italiana rientrano anche lo sviluppo di un amplificatore a basso rumore (Lna, low noise amplifier) integrato nella parte superiore dell’antenna, per l’amplificazione dei deboli segnali astronomici e la messa a terra dell’antenna per scaricare eventuali cariche elettrostatiche.

Il drone Unmanned Air Vehicle usato al sito australiano durante la campagna di misure in giugno 2019. Crediti Inaf & Cnr

«Nonostante la somiglianza alle comuni antenne installate nei tetti delle nostre case, solo un radio amatore esperto potrebbe pensare di costruirsela per conto proprio. Anche se probabilmente non sarà particolarmente agevole farne 131072 per poi competere con Ska» dice Pietro Bolli, tecnologo dell’Inaf che si occupa della progettazione di antenne e analisi elettromagnetica per la componente Ska a bassa frequenza, nonché primo autore dell’articolo sopra citato.

Un’altra grossa fetta del lavoro è rappresentata dalle fasi di collaudo e di verifica dell’affidabilità e stabilità del comportamento dell’antenna nell’ampia banda di osservazione, e di come queste prestazioni siano influenzate dalle altre antenne operative vicine. Quest’ultimo punto è molto importante in quanto le antenne Skala osserveranno raggruppate in stazioni di 256 antenne ciascuna e distribuite entro un’area circolare con una massima distanza tra esse di 38 m, e che a radiotelescopio Ska ultimato, le stazioni saranno 512 per un totale di 131072 antenne.

Questi controlli sono stati effettuati in parte presso l’Università di Ferrara (Luce, Laboratorio Universitario di Compatibilità Elettromagnetica) e in parte al sito australiano dal team dell’Inaf in collaborazione con Icrar, il Cnr e l’Università di Oxford e Malta, tramite una serie di prove sperimentali per alcune antenne (e frequenze) della prima stazione di 256 esemplari di Skala 4.1 Al, dal nome Aperture Array Verification System 2.0, completata a fine 2019.

Il drone Unmanned Air Vehicle. Crediti Inaf & Cnr

In queste prove sperimentali è stato usato anche un drone (Unmanned Air Vehicle) che, grazie a una sorgente a radio frequenza e a un sistema di posizionamento satellitare, ha permesso di verificare con grande accuratezza e da centinaia di metri di distanza, il comportamento delle antenne prototipo e successivamente di validare modelli elettromagnetici di antenne. Al momento, le simulazioni hanno richiesto più di un anno per convergere su un modello di antenne accurato e decine di migliaia di ore di tempo macchina per essere completate; il lavoro di analisi numerica è però tutt’altro che terminato.

E se la prima stazione prototipo di Ska a bassa frequenza è stata completata ed è tuttora sotto esame, il pensiero già vola a quando le stazioni saranno tutte e 512 e verranno accese. Un tripudio di dati pari a cinque volte il traffico Internet mondiale, che conterranno informazioni preziose sullUniverso.

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